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VOMITO ARTIFICIALE

di Cristina Canovi

A molti uomini sono capitati in sorte grandi destini, ma lui era soltanto una chiazza di vomito artificiale.
Si posava, non visto, sulla scrivania del ragionier Giorni e ne spiava le mosse; seguiva con interesse le dita grassottelle ma agili dell'uomo, che percorrevano veloci la tastiera della calcolatrice. Amava le menzogne del ragionier Giorni, che si diceva un grande uomo ed era capace di ingurgitare anche dieci caffè al giorno per sottrarre ore alla giornata lavorativa.
Nessuno lo aveva mai degnato di attenzione e lui, comunque, non amava farsi notare: era un vomito timido, discreto, calato perfettamente nel suo ruolo. Avrebbe potuto diventare, se lo avesse voluto, una supponente matassa di occhiali o un pretenzioso carillon di colla di pesce, ma non avrebbe scambiato la sua posizione con nessun altro.
Da qualche giorno si era trasferito in casa della famiglia Ruspatelli ed aveva deciso di fermarsi per un lungo periodo: gli piaceva l'ambiente. L'appartamento, poi, era il suo habitat ideale e finalmente, dopo anni di ricerche, si trovava completamente a proprio agio. Si sentiva euforico in mezzo a quell'antologia di pavimenti di linoleum, di fiori di plastica, di poltrone e divani in similpelle, di bomboniere e calzini stesi ad asciugare. Soggiornava, di preferenza, nella stanza da letto della giovane Ruspatelli, soprannominata Rusp; gradiva, in particolare, il calore delle trenta lampadine montate sulla consolle per il trucco. Rusp, ovviamente, non si truccava mai, né faceva uso di fastidiosi profumi, anzi, il suo odore animale era assolutamente vomitevole.
"Cosa mi trucco a fare? - si interrogava spesso Rusp, sempre più molle e grassa - Tanto il marito ce l'ho già".
Rusp rappresentava per il vomito artificiale uno svago continuato perché, a differenza del ragionier Giorni, frenetico nella sua attività di fannullone, trascorreva le giornate sprofondata nel letto, inghiottendo merendine.
"Che spasso!", pensava la timida chiazza di vomito. Amava le mani di cartavetrata della molle Rusp. Le osservava giacere inerti sulla coperta rosa, con lo smalto marrone sbreccato che sottolineava la diversa lunghezza delle unghie. Amava il volto lentigginoso di Rusp, i suoi capelli rossi crespi e radi, le sue orecchie a sventola e la sua imbarazzante, manicheistica pigrizia.
Purtroppo Rusp, in una delle sue rarissime uscite, rientrò completamente ubriaca e vomitò sulla consolle: così, il vomito artificiale si fuse con il vomito naturale, fu raccolto con un panno carta velica e gettato nello scarico del WC.
Morì sul colpo.

morticia@yours.com

 


Ivano Miselli

ivm

15 ago 1999